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Marciapiedi di via Oberdan: condannati Enrico Parente e Pagano

La Corte dei conti assolve la giunta Pietro Parente: per loro l’esimente politica

venerdì 7 novembre 2014, di Peppe Florio


GRAZZANISE – Erano stati al centro di un’accesa polemica all’epoca dei fatti e adesso questa sentenza, pur tra condanne e assoluzioni, lascia ancora dei punti interrogativi: la Corte dei Conti si è pronunciata in merito ai lavori per il rifacimento dei marciapiedi di via Oberdan del 2009-2010.

6 le persone coinvolte e 4 gli atti che la Procura della Repubblica ha impugnato per muovere le proprie accuse: l’opera fu ordinata dal sindaco Enrico Parente con le ordinanze 43 e 57 del 2009, cui fece seguito la determina del responsabile dell’area lavori pubblici Luigi Pagano, per arrivare alla delibera di giunta numero 28 del 2010, che è costata la citazione in giudizio all’allora sindaco Pietro Parente (figlio di Enrico) e a 3 assessori (Vito Gravante, Giuseppe Conte e Salvatore Raimondo).

Secondo la Procura, infatti, quei lavori, passati come “urgenti”, tanto urgenti non erano, così che il non aver avviato delle procedure ordinarie di gara andrebbe a costituire il reato di “danno alla concorrenza”, quantificato nel 10 percento dell’importo totale, ovvero in 6 mila 600 euro circa (all’epoca il comune pagò oltre 66 mila euro per i lavori).

Va però detto, per onor del vero, (con questo non si vuole supportare la tesi dell’urgenza o della non urgenza) che in quel periodo diversi residenti lamentavano problemi alle fognature di via Oberdan. Va anche ricordato che la giunta guidata da Pietro Parente (oltre agli imputati ne facevano parte anche Virgilio D’Abrosca e Vincenzo Morico) rinunciò ai primi mesi di indennità, per un totale di 15 mila euro, per supportare la spesa.

Per la sezione giurisdizionale della Campania della Corte dei Conti, dopo aver ascoltato le difese dei due Parente, di Pagano e di Gravante (Conte e Raimondo non sono comparsi, nonostante la convocazione fosse stata loro regolarmente notificata) ha condannato al pagamento di 4 mila 500 euro (circa 2 mila euro in meno rispetto a quanto chiesto dalla Procura) Enrico Parente e Luigi Pagano.

Per il presidente Fiorenzo Santoro, il consigliere Gaetano Berretta e il primo referendario Pasquale Fava, infatti, “il sindaco Enrico Parente non avrebbe potuto disporre i lavori […] utilizzando lo strumento dell’ordinanza di necessità ed urgenza in luogo delle ordinarie procedure di gara ad evidenza pubblica”. Pagano - il quale durante la sua difesa aveva sottolineato la legittimità dell’ordinanza sindacale e, quanto al suo ruolo, aveva dichiarato di essersi limitato ad impegnare 5 mila 200 euro e quindi di non avere responsabilità – per i giudici “dopo le ordinanze sindacali, ha sottoscritto determine di sostanziale approvazione e ratifica”.

Assolti, invece, Pietro Parente, Vito Gravante, Giuseppe Conte e Salvatore Raimondo: a loro, infatti, è stata riconosciuta l’esimente politica, così come chiesto durante l’arringa dal difensore di Gravante, Salvatore Piccolo. Il carattere di urgenza, infatti, è un aspetto di natura tecnica e la giunta si sarebbe limitata a deliberare affidandosi ai pareri positivi di regolarità tecnica sia da parte del successore di Pagano, Pietro Montone, sia della segretaria comunale Noemi Spagna Musso.

E veniamo qui agli interrogativi di cui parlavamo all’inizio e a cui questa sentenza sembra non rispondere: Montone e Spagna Musso, entrambi citati da tutti gli imputati ed entrambi firmatari di pareri tecnici favorevoli ai lavori e al metodo utilizzato, perché non sono stati chiamati in causa?

Peppe Florio

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