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Kant in consiglio comunale: "Ragionate ma obbedite!"

Obbediamo alla richiesta di cancellare le registrazioni. Ma la nostra ragione ci porta ad altre conclusioni

mercoledì 15 luglio 2015, di Peppe Florio


La presidente del consiglio Teresa Cerchiello ha chiesto la cancellazione da Youtube delle registrazioni da noi effettuate ieri durante il consiglio comunale, nonostante il divieto da lei stessa imposto. Si è trattato di un atto compiuto in buona fede, ovvero garantire gli stessi membri del consiglio comunale da fraintendimenti o da deformazioni dettate dalla necessità di sintetizzare in poche battute 3 ore e 10 di consiglio. E quindi il sottoscritto, nel rispetto della persona e della carica rivestita da Teresa Cerchiello, ha deciso di cancellare i filmati, pur non condividendo un regolamento che impone la firma di una liberatoria per registrare dichiarazioni rilasciate in un pubblico consesso e non per quelle declamate durante le pubbliche “parate”. E tuttavia, lo diceva Kant, “ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete, ma obbedite!”.

A questo rischiaramento, invece, non occorre altro che la libertà; e precisamente la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma sento gridare da ogni parte: non ragionate! [037] L’ufficiale dice: non ragionate, fate esercitazioni militari! L’intendente di finanza: non ragionate, pagate! L’ecclesiastico: non ragionate, credete! (Un unico signore al mondo dice: ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete, ma obbedite!) Qui c’è restrizione alla libertà dappertutto. Ma quale restrizione è d’ostacolo all’illuminismo, e quale non lo è, ma piuttosto lo favorisce? Io rispondo: il pubblico uso della propria ragione deve sempre essere libero, ed esso solo può realizzare il rischiaramento tra gli uomini; al contrario, l’uso privato della ragione può essere spesso limitato in modo stretto, senza che il progresso del rischiaramento venga da questo particolarmente ostacolato. Intendo per uso pubblico della propria ragione l’uso che uno ne fa, in quanto studioso [als Gelehrter], davanti all’intero pubblico dei lettori [dem ganzen Publikum der Leserwelt]. Chiamo invece uso privato della ragione quello che a un uomo è lecito esercitare in un certo ufficio o funzione civile a lui affidata. Ora, in alcune attività che riguardano l’interesse della cosa comune [gemeinen Wesen] è necessario un certo meccanismo per il quale alcuni membri di essa devono comportarsi in modo puramente passivo, così che il governo, tramite un’armonia artefatta, diriga costoro verso pubblici scopi, o almeno li induca a non contrastare tali scopi. Qui però non è certamente permesso ragionare; al contrario, si deve obbedire. Ma nella misura in cui queste parti della macchina si considerano, allo stesso tempo, membri dell’intera cosa comune, e anzi persino della società cosmopolitica, e assolvono quindi la funzione dello studioso nel senso proprio della parola il quale, attraverso i suoi scritti, si rivolge a un pubblico, essi possono certamente ragionare, senza perciò danneggiare le attività che svolgono in quanto membri passivi. Così sarebbe assai dannoso che un ufficiale in servizio, il quale avesse ricevuto un ordine dal suo superiore, volesse ragionare in pubblico sulla opportunità di tale ordine, o sulla sua utilità: egli deve obbedire. Ma non si può di diritto impedirgli, in qualità di studioso, di fare le sue osservazioni sugli errori del servizio militare e di sottoporle al giudizio del suo pubblico. Il cittadino non può rifiutarsi di pagare le tasse che gli sono imposte; e, anzi, una critica inopportuna di tali imposizioni quando devono essere da lui assolte, può venir punita come uno scandalo 81 (poiché potrebbe indurre a ribellioni generali). Tuttavia, egli non agisce contro il suo dovere di cittadino se, come studioso, [038] manifesta pubblicamente il suo pensiero sull’inadeguatezza e persino sull’ingiustizia di simili imposizioni.
[Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?, Immanuel Kant, 1783]

Chiarito il presupposto filosofico, stabiliamo adesso il presupposto metodologico.

Pur avendo “obbedito”, non rinuncerò alla mia possibilità di ragionare. Pertanto, pur non condividendo il regolamento del consiglio comunale, mi atterrò alle direttive del presidente, evitando di pubblicare audio integrali delle assise, fino a quando non verrà modificato il regolamento in questione. Tuttavia, in quanto non ci sono norme che mi obblighino a riportare dichiarazioni rilasciate in pompa magna o in “parate” ufficiali dai membri della giunta e del consiglio comunale, questa testata si asterrà dal presenziare a questo tipo di manifestazioni, fino a quando non verrà approvato un regolamento che possa assicurare una maggiore libertà di diffusione delle informazioni.

Peppe Florio

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