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Castelvolturno e “La Piana”: ovvero un territorio senza programmazione

“M’aggia spusà ‘na castellana pecchè ten’’e terre d’int’ ‘a Chiana”

sabato 28 gennaio 2012, di redazione


Nella zona de “La Piana” di Castelvolturno, è previsto un impianto per il trattamento dei rifiuti con sistemi tecnologicamente avanzati e sicuri. Sarà un’Oasi della legalità.
Questa l’ultima novità. Non sento di entusiasmarmi troppo, a questa notizia. Anzi per niente. Il territorio di Castelvolturno è rimasto tanto segnato da tutto ciò che ruota intorno ai rifiuti, che nemmeno la parola "legalità" basta a giustificare l’ipotesi di nuovi impianti. Bisogna tenere necessariamente conto della endemica emergenza che da anni affligge il suolo e il sottosuolo di questo paese, e non ci si deve dimenticare del lungo elenco dei vari siti inquinati, ben noti agli uffici sanitari e ambientali, a tutti i livelli istituzionali.

Come pure non ci si deve dimenticare delle malattie tumorali che, per quanto occultate dagli stessi interessati, sono numerose e hanno una notevole incidenza proprio nella fascia che include Castel Volturno, Cancello Arnone, S. Maria la Fossa e Villa Literno, di cui “La Piana” è l’epicentro.

Mi pare, quindi, che esistano ragionevoli motivi, storicamente consolidati, per preoccuparsi di nuove iniziative, per vagliarle bene, senza avere la remora di essere confusi con quelli che irresponsabilmente praticano il NIMBY ( No nel mio giardino) per motivi municipalistici. Castelvolturno ha già dato, e pure troppo, tanto da stare male. Che contraddizione: da una parte si invoca e si promette la bonifica dei suoli inquinati, e dall’altra si progettano insediamenti di trattamento dei rifiuti! Si ha l’impressione che tutto ciò sia per effetto di un totale vuoto politico, tale da consentire la scelta di un insediamento qualsiasi, anche a prescindere dall’ idoneità del suolo. Bisogna, invece, tener conto dei decenni di traffico illecito dei rifiuti, da parte della camorra, che hanno avvelenato questo territorio, e anche del positivo contrasto opposto dalle istituzioni locali per imporre il rispetto della legalità. Sicché merita attenzione la permanente necessità di uscire dall’emergenza rifiuti, dai veleni, e dal degrado. Ora si aspetta solo la bonifica, e non altro.

La prospettiva della produzione di energia, che il nuovo impianto produrrebbe, è relativa - direi quasi ingannevole - perché non avrebbe una rilevante ricaduta a vantaggio della collettività. E poi, non sarebbe una grande novità, considerato che già da molti anni viene prodotta dall’impianto di “Bortolotto”. Il problema è la scelta del territorio, e in particolare della zona. Dietro il riuso dei terreni confiscati, non possono giustificarsi altri indiscriminati sovraccarichi di strutture, incompatibili con un territorio sofferente. Il quale, ripeto, ora ha bisogno solo di essere rigenerato. L’imprimatur della legalità – ma non potrebbe essere diversamente! – così come viene posto, rischia di essere mistificatorio e fuorviante, perché oggi ci si trova al cospetto di un territorio al collasso, che invoca legalità, ma anche risanamento.

Che significa Oasi della legalità? Oggi, la vera legalità (per le condizioni in cui versa Castelvolturno, dovrebbe essere diffusa e non localizzata) consiste nel vedersi risarcito dei tanti abusi in danno dell’ambiente, spesso operati anche in nome della legalità. Non c’è Ente istituzionale che non sia sufficientemente informato delle condizioni del territorio, della massa melmosa di percolato che allaga la falda; del degrado dell’area dei cosiddetti “laghetti”, anch’essa tristemente nota da anni per lo scarico di fusti di veleni provenienti dal Nord. In quell’area, scorrono i Regi Lagni, che da decenni inutilmente si offrono alle istituzioni come cloaca da disinquinare. Poco più lontano, c’è il fiume Volturno, classificato tra i più inquinati di Europa, e ad appena un passo, il lungo litorale dove, ad un mare privo di adeguati impianti di depurazione, ogni estate sono affidate le chance della balneazione. Non sono secondari, poi, i danni ai beni ambientali: pineta, litorale, costa ed erosione.

E’ questo il contesto territoriale della prevista Oasi della legalità! Ma legalità, appunto, non significa oblio, o peggio, un lasciapassare per qualsiasi luogo e qualsiasi progetto, sebbene qualificato come PON Sicurezza. Fa male fare ogni volta l’elenco delle doglianze, ma più male ancora procura la disinvolta notizia di un’altra iniziativa che invece di togliere, aggiunge preoccupazione a preoccupazione: mai un evento che ti sollevi l’animo!

Non è il caso, quindi, di addentrarsi nei problemi di impatto ambientale e delle garanzie delle nuove tecnologie che accompagnano simili progetti, di nuova generazione. Nel caso di Castelvolturno e della sua collettività, niente vale più della realizzazione di progetti legati al risanamento.

Com’è possibile - se tutto ciò corrisponde al vero - che si perda la conoscenza storica delle condizioni critiche del territorio, nonché degli impegni disattesi da decenni per una salvifica e urgente bonifica? Era rimasta solo “La Piana" ancora libera da strutture improprie. “La Piana” è una zona che era stata inserita nel PUC ( ah, benedetta pianificazione!) come area per un Parco a tema, che, partendo dalla zona delle cave di sabbia, arrivasse fino al fiume, con l’obiettivo di recuperare e potenziare l’elemento acqua.

Ora pure quella viene snaturata?! Vien fatto di pensare che la notizia sia falsa, perché l’intervento pubblico non può peggiorare le preesistenti condizioni del terreno. A questo punto, sarebbe stato preferibile che il terreno, resosi disponibile per effetto della confisca, rimanesse incolto, piuttosto che costruirvi un impianto per il trattamento dei rifiuti. Che certamente potrebbe trovare migliore sistemazione in zone più idonee, o addirittura all’interno di impianti già esistenti, e con una destinazione ormai acquisita e compatibile. La disponibilità dell’area, per nessun automatismo, è necessariamente legata ad un impianto spurio!

“La Piana”, invece, già vittima di licenze in deroga – è con le deroghe che si esaurisce il suolo agricolo! - dovrebbe maggiormente potenziare il suo carattere, nel rispetto della naturale vocazione di quelle terre, tra le più produttive del Basso Volturno. Oppure bisogna acquisire l’assunto che Castelvolturno non ha più diritto a nessuna pianificazione, ancorché residuale. Una volta, nel rispetto dell’ambiente, per quei terreni si ipotizzava il “Polo bufalino”. E’ mai possibile che da quella ipotesi – definita in sede comunale, provinciale, regionale e ministeriale – si sia passati al “Polo dei rifiuti”?

“M’aggia spusà ‘na castellana pecchè ten’’e terre d’int’ ‘a Chiana”. Vedete che non è possibile sovvertire un ambiente di alto reddito agricolo, che aveva una canzoncina così eloquente?

Certamente, anche stavolta, Castelvolturno sconta maledettamente la mancanza del PUC e di una gestione politica. Purtuttavia, proprio per questa mancanza di regolamentazione, le istituzioni, a partire dal Comune fino alle associazioni ambientaliste locali e provinciali, debbono far valere le ragioni della collettività e del territorio, e debbono battersi per evitare il peggioramento della situazione.

Castel Volturno non è terra di nessuno: c’è tanta gente che si impegna ancora per un futuro migliore.

Mario Luise

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